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Vivere e lavorare all’estero: la pensione

09/01/2019

Contributi esteri: come funzionano

Per il lavoratore che ha svolto attività lavorativa all’estero si versano i contributi in un solo Paese per volta, in linea generale quello dove lavora, indipendentemente dalla residenza.

Chi ha lavorato in più Paesi della Ue conserva la contribuzione versata in ciascuno di essi: ciò significa che i contributi già versati non sono trasferiti dall’ente previdenziale di un Paese a quello di un altro, né restituiti alla persona se questa si trasferisce in altro Paese.

Per chi ha periodi contributivi maturati in un unico Paese, l’ammontare della pensione sarà calcolato in base alla legislazione del Paese in questione, secondo le stesse modalità adottate per i cittadini di quello Stato, a prescindere dal fatto che il lavoratore sia residente o meno nel Paese al raggiungimento dell’età pensionabile.

Totalizzazione dei contributi esteri e pensione pro-rata   

Totalizzazione dei contributi esteri: che cos’è

Per chi ha lavorato all’estero e deve ottenere la pensione, è possibile sommare i contributi maturati nei vari Paesi in cui si è lavorato, per ottenere il diritto alla pensione, attraverso la procedura della totalizzazione. E’ possibile totalizzare solo i periodi di contributi superiori a 1 anno in ambito Ue, mentre per i Paesi convenzionati vigono regole diverse, in base alla convenzione.

Alcune convenzioni bilaterali prevedono anche la totalizzazione multipla, cioè la possibilità di sommare i contributi versati in Paesi terzi che hanno attivato, a loro volta, accordi internazionali sia con l’Italia che con l’altro Stato contraente.

Pensione pro rata: che cos’è

Se i periodi assicurativi non sono abbastanza lunghi per avere diritto alla pensione, vengono presi in considerazione i periodi di contribuzione superiori a 1 anno o di residenza maturati in altri Paesi Ue o in Paesi convenzionati. Ogni Paese erogherà una pensione di vecchiaia distinta, cioè la pensione pro rata, calcolata in base ai contributi maturati in ciascuno Stato.

Chi ha lavorato in un Paese Ue per meno di 1 anno non potrà totalizzare tale periodo per avere una pensione in pro-rata; la contribuzione non verrà comunque persa perché produrrà un aumento di pensione nell’ultimo Paese nel quale si è maturato il diritto a pensione.

Riscatto dei contributi esteri nei Paesi non convenzionati: come funziona

Chi ha lavorato in Paesi che non hanno stipulato con l’Italia alcuna convenzione di sicurezza sociale può chiedere l’accredito a pagamento dei periodi contributivi, attraverso la procedura del riscatto dei contributi, per raggiungere i requisiti necessari per la pensione.

Il riscatto dei contributi è possibile anche se, per i periodi di lavoro all’estero, sono stati versati contributi in base alle regole del Paese straniero e persino quando è stata riconosciuta una pensione a esclusivo carico dello Stato estero, a condizione che gli stessi periodi contributivi non risultino già coperti in Italia.

Il riscatto dei contributi può essere chiesto da chi, al momento della presentazione della domanda, è cittadino italiano, anche se durante l’attività lavorativa svolta all’estero era in possesso di una cittadinanza diversa. In caso di morte del lavoratore, i familiari superstiti possono richiedere il riscatto dei contributi, se alla data della morte dell’interessato, hanno la cittadinanza italiana.

Sono esclusi dal riscatto dei contributi i periodi di lavoro svolti nei Paesi della Ue o in Paesi legati all’Italia da convenzioni di sicurezza sociale, in quanto essi sono già automaticamente riconosciuti ai fini della pensione italiana, in base al principio della totalizzazione.

Pensione per cittadini rimpatriati di Paesi non convenzionati

In caso di attività lavorativa svolta in Italia da cittadini di Paesi non Ue, è prevista la possibilità, in favore dei lavoratori extracomunitari che rimpatriano, di beneficiare di una prestazione pensionistica al compimento dell’età pensionabile, a prescindere dal requisito contributivo minimo previsto.

Questa possibilità, invece, non è prevista per i lavoratori extracomunitari che hanno diritto alla liquidazione della pensione di vecchiaia con il sistema retributivo o misto (con contributi versati prima del 1996). In tal caso, per l’accesso alla pensione valgono le regole previste per i cittadini italiani.

Pensione di invalidità da lavoro all’estero

Pensione di invalidità all’estero: come funziona

La pensione di invalidità da lavoro è una prestazione economica, legata a specifici requisiti contributivi, per coloro che hanno una riduzione per­manente della capacità lavorativa, a causa di infermità fisica o mentale.

Nella maggior parte dei Paesi Ue, l’ammontare della pensione di invalidità da lavoro dipende dal grado di invalidità riconosciuto. I requisiti e le modalità di calcolo del grado di invalidità variano in base alle norme nazionali dei singoli Paesi.

La domanda deve essere inoltrata nel Paese in cui si vive, a meno che non vi si sia mai stati assicurati. In tal caso, l’ente previdenziale di riferimento è quello del Paese in cui si è stati assicurati per l’ultimo lavoro.

Pensione di invalidità da lavoro all’estero: come si calcola

Per determinare il diritto alla pensione di invalidità da lavoro, l’ente previdenziale del Paese in cui si fa domanda terrà conto degli eventuali periodi di contribuzione o residenza che risultano in altri Paesi della Ue, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.

Nella Ue i metodi di calcolo per l’importo della pensione di invalidità da lavoro sono prevalentemente due, a seconda del Paese interessato:

  • in alcuni Paesi, l’importo è fisso e non dipende dalla durata dei periodi contributivi. Bisogna però essere assicurati presso l’ente previdenziale locale quando si manifesta l’invalidità;
  • in altri Paesi, tra cui l’Italia, le pensioni di invalidità sono calcolate in base alla durata dei periodi contributivi versati in ciascun Paese: maggiore è il periodo di assicurazione prima dell’invalidità, maggiore sarà l’importo della pensione.

Nel calcolare l’importo dovuto, il Paese in cui si richiede la pensione può tener conto delle pensioni ricevute dal lavoratore da altri Paesi.

Pensione di reversibilità all’estero

I familiari superstiti, in caso di morte del lavoratore o del pensionato, hanno diritto alla pensione di reversibilità a determinate condizioni.

La pensione di reversibilità viene pagata al coniuge superstite nello Stato Ue in cui risiede.

In alcuni Stati membri della Ue, in cui il diritto a pensione è basato sulla residenza, non è prevista la pensione di reversibilità per i coniugi che hanno raggiunto l’età pensionabile, in quanto si presume che abbiano maturato una pensione personale durante la loro residenza nel Paese.

Assegni in caso di morte

In caso di morte di un familiare, per i superstiti, in alcuni Paesi, è prevista una indennità in caso di morte.

Ogni Stato membro della Ue, per consentire ai beneficiari di ricevere l’indennità in caso di morte, deve tener conto dei periodi di contributi o di residenza, registrati in qualunque altro Stato membro.

Per chiedere l’assegno, se previsto, i familiari del defunto devono sempre rivolgersi all’ente previdenziale di quest’ultimo nel Paese in cui era assicurato, indipendentemente da quale sia lo Stato di residenza dei beneficiari. Per consulenza e assistenza puoi rivolgerti alla sede Inas Cisl più vicina.

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