Contributi esteri: come funzionano
Per il lavoratore che ha svolto attività lavorativa all’estero si versano i contributi in un solo Paese per volta, in linea generale quello dove lavora, indipendentemente dalla residenza.
Chi ha lavorato in più Paesi della
Ue conserva la contribuzione versata in ciascuno di essi: ciò significa che i
contributi già versati non sono trasferiti dall’ente previdenziale di un Paese
a quello di un altro, né restituiti alla persona se questa si trasferisce in
altro Paese.
Per chi ha periodi contributivi
maturati in un unico Paese, l’ammontare della pensione sarà calcolato in base
alla legislazione del Paese in questione, secondo le stesse modalità adottate
per i cittadini di quello Stato, a prescindere dal fatto che il lavoratore sia
residente o meno nel Paese al raggiungimento dell’età pensionabile.
Totalizzazione dei contributi esteri e pensione pro-rata
Totalizzazione dei contributi esteri: che cos’è
Per chi ha lavorato all’estero e deve ottenere la pensione, è possibile sommare i contributi maturati nei vari Paesi in cui si è lavorato, per ottenere il diritto alla pensione, attraverso la procedura della totalizzazione. E’ possibile totalizzare solo i periodi di contributi superiori a 1 anno in ambito Ue, mentre per i Paesi convenzionati vigono regole diverse, in base alla convenzione.
Alcune convenzioni bilaterali
prevedono anche la totalizzazione
multipla, cioè la possibilità di sommare i contributi versati in Paesi
terzi che hanno attivato, a loro volta, accordi internazionali sia con l’Italia
che con l’altro Stato contraente.
Pensione pro rata: che cos’è
Se i periodi assicurativi non
sono abbastanza lunghi per avere diritto alla pensione, vengono presi in
considerazione i periodi di contribuzione superiori a 1 anno o di residenza
maturati in altri Paesi Ue o in Paesi convenzionati. Ogni Paese erogherà una
pensione di vecchiaia distinta, cioè la pensione
pro rata, calcolata in base ai contributi maturati in ciascuno Stato.
Chi ha lavorato in un Paese Ue
per meno di 1 anno non potrà totalizzare tale periodo per avere una pensione in
pro-rata; la contribuzione non verrà comunque persa perché produrrà un aumento
di pensione nell’ultimo Paese nel quale si è maturato il diritto a pensione.
Riscatto dei contributi esteri nei Paesi non convenzionati: come funziona
Chi ha lavorato in Paesi che non
hanno stipulato con l’Italia alcuna convenzione di sicurezza sociale può chiedere
l’accredito a pagamento dei periodi contributivi, attraverso la procedura del riscatto dei contributi, per
raggiungere i requisiti necessari per la pensione.
Il riscatto dei contributi è possibile anche se, per i periodi di
lavoro all’estero, sono stati versati contributi in base alle regole del Paese
straniero e persino quando è stata riconosciuta una pensione a esclusivo carico
dello Stato estero, a condizione che gli stessi periodi contributivi non
risultino già coperti in Italia.
Il riscatto dei contributi può essere chiesto da chi, al momento della
presentazione della domanda, è cittadino italiano, anche se durante l’attività
lavorativa svolta all’estero era in possesso di una cittadinanza diversa. In
caso di morte del lavoratore, i familiari superstiti possono richiedere il
riscatto dei contributi, se alla data della morte dell’interessato, hanno la
cittadinanza italiana.
Sono esclusi dal riscatto dei contributi i periodi di lavoro
svolti nei Paesi della Ue o in Paesi legati all’Italia da convenzioni di
sicurezza sociale, in quanto essi sono già automaticamente riconosciuti ai fini
della pensione italiana, in base al principio della totalizzazione.
Pensione per cittadini rimpatriati di Paesi non convenzionati
In caso di attività lavorativa
svolta in Italia da cittadini di Paesi non Ue, è prevista la possibilità, in
favore dei lavoratori extracomunitari che rimpatriano, di beneficiare di una
prestazione pensionistica al compimento dell’età pensionabile, a prescindere dal
requisito contributivo minimo previsto.
Questa possibilità, invece, non è
prevista per i lavoratori extracomunitari che hanno diritto alla liquidazione
della pensione di vecchiaia con il sistema retributivo o misto (con contributi
versati prima del 1996). In tal caso, per l’accesso alla pensione valgono le
regole previste per i cittadini italiani.
Pensione di invalidità da lavoro all’estero
Pensione di invalidità all’estero: come funziona
La pensione di invalidità da lavoro è una prestazione economica,
legata a specifici requisiti contributivi, per coloro che hanno una riduzione permanente della capacità
lavorativa, a causa di infermità fisica o mentale.
Nella maggior parte dei Paesi Ue,
l’ammontare della pensione di invalidità
da lavoro dipende dal grado di invalidità riconosciuto. I requisiti e le
modalità di calcolo del grado di invalidità variano in base alle norme
nazionali dei singoli Paesi.
La domanda deve essere inoltrata
nel Paese in cui si vive, a meno che non vi si sia mai stati assicurati. In tal
caso, l’ente previdenziale di riferimento è quello del Paese in cui si è stati
assicurati per l’ultimo lavoro.
Pensione di invalidità da lavoro all’estero: come si calcola
Per determinare il diritto alla pensione di invalidità da lavoro,
l’ente previdenziale del Paese in cui si fa domanda terrà conto degli eventuali
periodi di contribuzione o residenza che risultano in altri Paesi della Ue,
Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.
Nella Ue i metodi di calcolo per
l’importo della pensione di invalidità da lavoro sono prevalentemente due, a
seconda del Paese interessato:
- in alcuni Paesi, l’importo è fisso e non dipende
dalla durata dei periodi contributivi. Bisogna però essere assicurati presso
l’ente previdenziale locale quando si manifesta l’invalidità;
- in altri Paesi, tra cui l’Italia, le pensioni di
invalidità sono calcolate in base alla durata dei periodi contributivi versati
in ciascun Paese: maggiore è il periodo di assicurazione prima dell’invalidità,
maggiore sarà l’importo della pensione.
Nel calcolare l’importo dovuto,
il Paese in cui si richiede la pensione può tener conto delle pensioni ricevute
dal lavoratore da altri Paesi.
Pensione di reversibilità all’estero
I familiari superstiti, in caso
di morte del lavoratore o del pensionato, hanno diritto alla pensione di reversibilità a determinate condizioni.
La pensione di reversibilità
viene pagata al coniuge superstite nello Stato Ue in cui risiede.
In alcuni Stati membri della Ue,
in cui il diritto a pensione è basato sulla residenza, non è prevista la
pensione di reversibilità per i coniugi che hanno raggiunto l’età pensionabile,
in quanto si presume che abbiano maturato una pensione personale durante la
loro residenza nel Paese.
Assegni in caso di morte
In caso di morte di un familiare,
per i superstiti, in alcuni Paesi, è prevista una indennità in caso di morte.
Ogni Stato membro della Ue, per
consentire ai beneficiari di ricevere l’indennità in caso di morte, deve tener
conto dei periodi di contributi o di residenza, registrati in qualunque altro
Stato membro.
Per chiedere l’assegno, se previsto, i familiari del defunto devono sempre rivolgersi all’ente previdenziale di quest’ultimo nel Paese in cui era assicurato, indipendentemente da quale sia lo Stato di residenza dei beneficiari. Per consulenza e assistenza puoi rivolgerti alla sede Inas Cisl più vicina.